“ Non domandarci la formula che mondi possa aprirti… ciò che non siamo, ciò
che non vogliamo”, così recita la prima strofa della poesia “Non chiederci la
parola” di Eugenio Montale; con questi versi, il poeta, vuole sottolineare come
il suo ruolo non sia quello di donare risposte e certezze al lettore, bensì
rispecchiare e riflettere ciò che i poeti “non sono” o “non vogliono”.
Questa visione della poetica, forse, poteva donare allo stesso Montale un
senso di libertà, in quanto ciò gli permetteva di non sentirsi come se dovesse
incarnare una sorta di divinità che, scendendo sulla terra,aveva il compito di
comunicare una verità assoluta; si concentrò, invece, più sul comunicare
appieno il suo pensiero volutamente aspro e arido.
Lo stesso senso di libertà viene visto nella poetica di un altro autore: Charles
Baudelaire, una sua poesia, “l’Albatro”, inizia recitando “ Spesso per divertirsi,
gli uomini d’equipaggio, catturano degli albatri…”, nei suoi versi emerge una
delle tematiche principali e caratteristiche dell’intera poetica.
Secondo il filosofo, il poeta è esattamente come l’albatro, libero e capace di
sollevarsi da terra e volare sempre più in alto verso qualunque direzione, ma
dovrà comunque confrontarsi con i marinai che tenteranno di catturarlo,
proprio come le persone deridono il poeta; anche la poesia stessa segue
questa metafora, dato che si potrebbe scrivere e descrivere qualunque
sentimento o insegnamento, liberi nelle espressioni ma le regole che
presenta( quali la metrica o le rime) non permettono di ignorare del tutto “i
marinai”.
Sebbene Montale e Baudelaire presentino pensieri in apparenza
completamente diversi, ciò che li accomuna è proprio questa ricerca della
libertà, nella poesia come nella vita, in quanto, come Montale non si assume
la responsabilità di dare all’uomo una risposta, una verità assoluta e definitiva,
o Baudelaire vorrebbe solamente “volare indisturbato”, ciò che si percepisce
dalle loro parole è un senso di distacco, che li contrappone entrambi al
pubblico.
Per me, invece, la poesia ha quasi un valore vitale, un ruolo salvifico, quasi
come una medicina o un “salvagente a cui aggrapparsi quando il mondo e la
vita sono nel caos”; esattamente come il pensiero del poeta, pittore e aforista
Khalil Gibran, il quale afferma che la poesia è ciò che tiene in vita quando
“neanche l’aria riesce a passare” e svolge il compito di luce nei momenti bui.
Sono perfettamente d’accordo, nei miei personali momenti peggiori la poesia,
scrivere versi su versi, giorno dopo giorno, ha avuto questo esatto effetto,
anche studiare le parole degli scrittori famosi mi ha sempre fatto sentire meno
sola e , forse da un lato, anche compresa.

quando si dice che scrivere è terapeutico, nel tuo caso mi pare di capire che sia stato proprio così 😉👍
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si infatti 🙂
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Ottima analisi 👌
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